Il Soprintendente Fabrizio Magani saluta

Elio Armano e i convenuti all’incontro con la Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova, Treviso

Qualche giorno fa la collega Monica Pregnolato mi parlava del “Selvatico” e io le dicevo che per “Il Selvatico ogni iniziativa va bene”. Più o meno avevo chiesto lo stesso al Soprintendente Andrea Alberti, che ci manca, quando mi arrivavano notizie dei problemi dello storico edificio.

Troppo importante per Padova, perché, prima ancora di essere architettura, il “Selvatico” mi pare spazio vitale.

Troppo grande, per farne a meno, questa storia di un secolo e mezzo, che ha rovesciato il rapporto tra coloro che sanno e il vecchio artigiano che non sa, cioè quello che si esprime meccanicamente.

Mi viene da pensare come a Venezia, pressappoco negli stessi anni, un’analoga scuola sia stata istituita da un antiquario che, mentre esportava opere d’arte del nostro patrimonio all’estero, aveva promosso l’esperienza dei giovani nella pratica dell’artigianato artistico, ragazzi che poi metteva a lavorare nelle sue botteghe specializzate nell’arredo.

A Padova abbiamo avuto il potente Pietro Selvatico, uno degli uomini più ascoltati all’epoca, che fondò la Scuola mentre si apriva forse il cantiere più importante del restauro moderno, quello degli Scrovegni.

Tutta un’altra storia.

Che dovrà continuare con orgoglio attraverso il pieno recupero dell’edificio e delle sue raccolte. Perciò non si è risparmiata la Soprintendenza, con Monica Pregnolato, Elisa Longo e i loro provvedimenti di tutela di cui vi parleranno. Le collezioni sono oggi un corpo unico dal punto di vista tecnico-giuridico e già mi era capitato di congratularmi per la notevole iniziativa, voglio dire prima del mio arrivo a Padova.

Peccato non poter essere con voi, ma ringrazio Elio Armano che mi permette di salutarvi così.

Credo che incontri come questi preparino al meglio il futuro del “Selvatico”. 

Fabrizio Magani Soprintendente

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